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Il farro
L’uso di questo cereale, almeno fino agli anni Cinquanta del Novecento, era imprescindibile nell’alimentazione del ceto rurale di Leonessa. Le ricette che impiegano il farro, sotto forma di farina o di grano, sono poche ma tipiche.
L’uso del farro come cereale commestibile risale all’antichità remota. Nella storia di Roma, l’uso del grano incomincia a diffondersi tra le classi più ricche solo dal V sec. a. C. quando si cominciò a importare grano dall’Egitto.


Le fasi della lavorazione del farro
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Prima di poter essere usato per l’alimentazione umana, il chicco deve essere liberato dal coriaceo tegumento che lo ricopre. Per far ciò, il farro veniva sottoposto a varie fasi di lavorazione: prima spulatura sommaria effettuata per mezzo di ventilabri; leggera tostatura nel forno; mondatura nell’apposito mortaio; spulatura finale mediante ventilabro; mondatura manuale per eliminare i residui. 

Spulatura.
Per la spulatura del farro si usavano i medesimi ventilabri (capistiri) usati per il grano. Lanciando in aria i semi contenuti nel ventilabro, il vento del mattino o della sera provvedeva ad asportare i residui e la pula incoerente.

Tostatura.
Per permettere di asportare il tegumento che ricopre il chicco, si usava spargere il farro sul piano caldo del forno, una volta cotto il pane, lasciando i semi fino a completo raffreddamento del forno. Questa operazione, previa alla pulitura al mortaio, era detta “‘ncrocchià lo farre”.

Mondatura al mortaio (la pilòcca).
Dopo essere stato leggermente tostato, allo scopo di liberare i chicchi dal tenace tegumento, il farro veniva pestato in un apposito mortaio di legno ripetendo un procedimento già usato nell’antichità. Una volta terminata la leggera tostatura cui il farro era sottoposto – in dialetto una volta “‘ncrocchiatu” – si passava alla pestatura nel mortaio per liberare i grani dal tenace tegumento (la cama) che li ricopre.

Seconda spulatura.
La seconda spulatura del farro, prima della tostatura e del mortaio, era eseguita mediante ventilabri. Allo stesso modo era ottenuta la spulatura finale del farro dopo essere stato tostato e pestato al mortaio.

Mondatura finale.
Per la mondatura finale, eseguita a mano, si usava un ventilabro più piccolo (capistiriju) spargendovi poco a poco i semi da mondare e separando con le dita le eventuali impurità. L’operazione era detta “capà’ lo farre”.

Macinazione del farro.
Date le quantità di consumo famigliare del farro, assai ridotte rispetto al consumo di grano e derivati, il farro non veniva portato al mulino ma macinato in casa mediante piccole macine di pietra azionate a mano.

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