Graticole
Graticole (craticole).
La graticola tradizionale leonessana per uso casalingo era di ferro, costruita artigianalmente. Munita di un manico piatto, fornito di gancio per appenderla quando non era in uso, e di quattro piedi, veniva appoggiata sul piano del focolare, già molto caldo, cosparso di brace.
L’uso dell’arrosto sulla brace avveniva in special modo in occasione di eventi festivi, oppure nel periodo in cui veniva macellato il maiale, o una pecora e v’era abbondanza di carne fresca. La cottura della carne sulla graticola è da considerarsi, comunque, un costume celebrativo non facente parte della quotidianità. Oltre alla carne di maiale, sebbene più raramente, sulla graticola si cuoceva la pecora per la quale si preferiva piuttosto la cottura nel paiolo.
Sulla graticola si preparava anche “la panonta”: fette di pane sulle quali si lasciava colare il grasso del guanciale (barbazza) fino a intriderle completamente. Sul pane, una volta unto in abbondanza col grasso fuso, si adagiavano le fette abbrustolite del guanciale.
Le fette di polenta avanzate da un pasto precedente potevano essere abbrustolite sulla graticola, oppure fritte con lo strutto in padella.
Nella cucina tradizionale leonessana la cottura delle verdure grigliate non era praticata.
graticola di fabbricazione artigianale: tipologia generale
Graticola – craticola (n. i. 90)
provenienza: Villa Bigioni
materiale: ferro
descrizione: la graticola si compone di una piattina di ferro che funge anche da impugnatura, assottigliata e ripiegata ad asola nell’estremità superiore, la quale passa al centro della griglia di cottura. Questa è formata da due piattine di ferro, ortogonali alla piattina centrale e parallele tra esse, fissate da quadrelli di ferro – tre a destra e tre a sinistra della piattina centrale – assicurati mediante rivetti. Le due piattine sono ripiegate ad entrambe le estremità le quali fungono da piedi. Fabbricazione artigianale
misure: l. tot. cm. 67,3; piano di cottura: cm. 31 x cm. 28,5; piattina centrale: lg. cm. 2,2 spess. medio mm. 3; quadrelli: mm. 6
stato di conservazione: buono
acquisizione: dono
anno: 2003
bibliografia: Scheuermeier 1996, II: 183
Treppiedi e altri supporti
Treppiedi (treppiedi) e supporti in ferro.
I tradizionali treppiedi da fuoco, di varie dimensioni, presentano il piano d’appoggio del recipiente di forma anulare, in piattina di ferro. Ad esso, mediante rivetti, sono fissate tre zampe, anch’esse in piattina di ferro, con le estremità inferiori ripiegate a fungere da piedi. Altri treppiedi, in genere di piccole o medie dimensioni e anch’essi tondi, sono costruiti con tondino di ferro piegato, accoppiato e saldato assieme a formare le gambe; i piedi sono ottenuti piegando e martellando le giunzioni finali. Esistono anche, sebbene più rari, treppiedi di forma triangolare usati in genere per piccoli recipienti.
Treppiedi da focolare – treppiede (n. i. 91)
provenienza: Villa Bigioni (Leonessa)
materiale: ferro
descrizione: anello in piattina di ferro con tre piedi, anch’essi in piattina, fissati a rivetto. Lavorazione artigianale
misure: h. cm. 17,8; diam. cm. 23; piattina : lg. cm. 2,8 spess. medio mm. 5
stato di conservazione: discreto
acquisizione: rinvenimento
anno: 2003
bibliografia: Scheuermeier 1996, II: 70; 71 fig. 186
Piccolo treppiedi in ferro di forma tonda costruito con tondino di ferro accoppiato e saldato a formare le gambe. Dalla frazione di Villa Bigioni: h. cm. 6,5; lg. max. cm. 20,2. Collezione privata.
Supporti in ferro per tegami e padelle.
I supporti per tegami e padelle sono formati dal tipico treppiedi il cui terzo piede non è fissato al piano d’appoggio del recipiente ma a un lungo manico che serve da supporto ai tegami, o più spesso alle padelle. Il supporto del treppiedi in piattina di ferro, piegato verso l’alto, presenta l’estremità superiore a forma di coda di rondine nel cui incavo veniva appoggiato il manico del recipiente durante l’esposizione al fuoco. Il terzo piede, fissato al supporto del treppiede, in genere è ricavato da un tondino di ferro con l’estremità superiore ribattuta in modo da fissare il piede al manico, come nell’esemplare seguente.
Treppiedi porta padelle da focolare – treppiede (n. i. 105)
provenienza: San Vito
materiale: ferro
descrizione: il treppiedi, formato da un anello piano fornito di piedi, è munito di un lungo manico che funge da supporto, piegato all’estremità superiore, desinente in una forcina a coda di rondine destinata ad alloggiare il manico dei recipienti da cottura
misure: h. cm. 15,6, l. fino alla piegatura cm. 54,2, parte verticale cm. 26,7, diam. cm. 20,2; piattina: lg. cm. 1,8, spess. mm. 5
stato di conservazione: ottimo
acquisizione: dono di Livio Vittucci, “lu fiju de Paulucciu”
anno: 2012
bibliografia: Scheuermeier 1996, II: 28 fig. 36; foto 46
Attizzatoio, paletta e molle
Attizzatoio (suffiaturi). L’attizzatoio più usato a Leonessa è “lu suffiaturu”: un tubo di ferro, chiuso a martello a un’estremità e munito di foro, nel quale si soffiava sul fuoco per ravvivarlo. Oltre a normali tubi di ferro, spesso si usavano le canne di fucili ottocenteschi ad avancarica – come nell’esemplare custodito nel nostro Museo – trasformate tagliando la parte estrema della culatta, ribattendo a caldo l’estremità e praticando un foro in quella che era la camera di scoppio.
Attizzatoio – suffiaturu (i. n. 263)
provenienza: Leonessa
materiale: ferro
descrizione: attizzatoio ricavato dalla canna di un fucile ad avancarica dell’Ottocento
misure: l. cm. 78,5; calibro interno della canna mm. 16
stato di conservazione: buono
acquisizione: dono Marcello D’Antonio
anno: 2003
Paletta da fuoco (fessóra). La paletta da fuoco, in lamierino di ferro piegato su tre lati, era munita di manico anch’esso di ferro, sovente lavorato a tortiglione, desinente nella parte terminale in un piccolo pomo, o in un gancio, o in un manico di legno.
Oltre che per gli usi consueti riguardanti la gestione del focolare domestico, la paletta da fuoco era impiegata per alcune operazioni di carattere apotropaico: prima di andare a dormire, si ricopriva la brace con una coltre di cenere in modo che si conservasse accesa per tutta la notte; dopo aver eseguito l’operazione, sulle ceneri si tracciava con la paletta una croce per tener lontane le entità malefiche che, col favore delle tenebre, avessero tentato d’entrare in casa. Fra di esse, le temute sdreghe le quali, nottetempo, s’introducevano nella stanze immerse nella meritata quiete del sonno per suggere il sangue dal corpo dei neonati. Al momento di tracciare la croce sulla cenere, si usavano recitare speciali formule, come la seguente:
Tutti l’angeli su pe’ casa
e lu diavulu sott’a la bracia.
L’altro impiego “rituale” della paletta da fuoco, specie nella tarda primavera o all’inizio dell’estate, aveva luogo nell’imminenza di un temporale, o d’una grandinata che avrebbe potuto compromettere in modo irrimediabile il raccolto ormai prossimo. Per stornare l’incombente calamità, oltre a recitare formule che invocavano l’aiuto dei santi (specie di S. Barbara protettrice dal fuoco celeste) si usava riempire di brace ardente la paletta del focolare disponendovi sopra delle foglie d’ulivo benedetto nella Domenica delle Palme e/o un pezzetto di candelina della Candelora. Si lasciavano bruciare questi ingredienti in modo che il fumo benedetto salisse verso le nubi.
Quando, durante la notte, si udiva la civetta lanciare il suo lamentoso richiamo, si brandiva la paletta da fuoco in direzione del temuto strigide, ritenuto araldo della morte, pronunciando la seguente formula:
Commà’, pàssame la fessóra
pe còce’ ‘l culu a chi canta a quest’ora.
L’usanza leonessana trova puntuale riscontro con un’analoga usanza in voga nella Campagna Romana e nella Roma papalina.
Molle da fuoco (majòle). Le più elaborate, e anche le più antiche, avevano le due parti mobili in tondino di ferro spianato a caldo col martello nel punto d’unione, in modo da fungere da molla. Le parti mobili della molla da fuoco terminavano in due estremità, anch’esse appiattite a martello in modo da facilitare la presa.
A volte, allo scopo di tener lontane le influenze nefaste, prima di concedersi il riposo notturno, si usava disporre in croce sul piano del focolare la paletta e le molle: il potere apotropaico del ferro assieme a quello del sacro segno della Passione avrebbero assolto in modo efficace la loro funzione garantendo la sicurezza della casa e del nucleo domestico.
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