Mortaio e pestello da farro
Il mortaio (la pilòcca).
Esistevano morati di diverse dimensioni, da quelli per uso domestico, di dimensioni piccole o medie, a quelli per uso pubblico (come nell’esemplare della nostra collezione museale) di ragguardevoli dimensioni. Il mortaio, monoxilo, era scavato nel legno. Il corpo interno del mortaio aveva sezione cilindrica e, nella parte inferiore, era concavo. È interessante notare come il nome dialettale del mortaio da farro, “la pilòcca”, deriva direttamente dal nome latino di questo utensile: “pila”.
Mortaio da farro – pilòcca (n. i. 81)
provenienza: San Giovenale
materiale: legno di olmo
descrizione: mortaio monoxilo, nella parte superiore è scavata una cavità cilindrica che, in basso, termina con una concavità semisferica
misure: h. cm. 89; parte superiore: diam. cm. 60,5 e cm. 65 (esterni) apertura: diam. cm. 38 e cm. 37, prof. cm. 30,5
stato di conservazione: ottimo
acquisizione: dono degli eredi della famiglia Cardilli. Appartenuto al forno della famiglia costruito nel 1898
anno: 2013
bibliografia: Scheuermeier 1996, II: 178
Pestelli (pistiji).
Nel territorio leonessano esistevano due tipi di pestelli da farro: uno, più piccolo, a forma allungata di clessidra e uno più grande a corpo cilindrico desinente in due masse battenti di forma cilindrica. In questo secondo tipo di pestello, a volte, nella parte mediana era ricavata una depressione per permettere alle mani di maneggiare il pestello.
Pestello da farro – pistiju (n. i. 226)
provenienza: Leonessa
materiale: legno di olmo
descrizione: pestello da farro con forma “a clessidra”, estremità con profilo troncoconico e parte battente arrotondata. Questo antico esemplare era in uso a Leonessa e si differenzia dal tipo più comune di pestello munito di due estremità cilindriche poste alle estremità del manico, anch’esso cilindrico
misure: l. cm. 60; diam. max. cm. 11 e 11,7; diam. min. (impugnatura) cm. 3,6
acquisizione: dono di Antonio Bonanni
stato di conservazione: buono
anno: 2014
Pestello da farro – pistiju (n. i. 243)
provenienza: Leonessa
materiale: legno
descrizione: pestello da farro munito di duplice testa battente
misure: h. cm. 114,5; manico : diam. max. cm. 7,5; teste: h. cm. 20, diam. max. cm. 13,5
acquisizione: dono di Gemmi Sielli
stato di conservazione: buono
anno: 2013
Il farro
Il farro
L’uso di questo cereale, almeno fino agli anni Cinquanta del Novecento, era imprescindibile nell’alimentazione del ceto rurale di Leonessa. Le ricette che impiegano il farro, sotto forma di farina o di grano, sono poche ma tipiche.
L’uso del farro come cereale commestibile risale all’antichità remota. Nella storia di Roma, l’uso del grano incomincia a diffondersi tra le classi più ricche solo dal V sec. a. C. quando si cominciò a importare grano dall’Egitto.
Le fasi della lavorazione del farro.
Prima di poter essere usato per l’alimentazione umana, il chicco deve essere liberato dal coriaceo tegumento che lo ricopre. Per far ciò, il farro veniva sottoposto a varie fasi di lavorazione: prima spulatura sommaria effettuata per mezzo di ventilabri; leggera tostatura nel forno; mondatura nell’apposito mortaio; spulatura finale mediante ventilabro; mondatura manuale per eliminare i residui.
Spulatura.
Per la spulatura del farro si usavano i medesimi ventilabri (capistiri) usati per il grano. Lanciando in aria i semi contenuti nel ventilabro, il vento del mattino o della sera provvedeva ad asportare i residui e la pula incoerente.
Tostatura.
Per permettere di asportare il tegumento che ricopre il chicco, si usava spargere il farro sul piano caldo del forno, una volta cotto il pane, lasciando i semi fino a completo raffreddamento del forno. Questa operazione, previa alla pulitura al mortaio, era detta “‘ncrocchià lo farre”.
Mondatura al mortaio (la pilòcca).
Dopo essere stato leggermente tostato, allo scopo di liberare i chicchi dal tenace tegumento, il farro veniva pestato in un apposito mortaio di legno ripetendo un procedimento già usato nell’antichità. Una volta terminata la leggera tostatura cui il farro era sottoposto – in dialetto una volta “‘ncrocchiatu” – si passava alla pestatura nel mortaio per liberare i grani dal tenace tegumento (la cama) che li ricopre.
Seconda spulatura.
La seconda spulatura del farro, prima della tostatura e del mortaio, era eseguita mediante ventilabri. Allo stesso modo era ottenuta la spulatura finale del farro dopo essere stato tostato e pestato al mortaio.
Mondatura finale.
Per la mondatura finale, eseguita a mano, si usava un ventilabro più piccolo (capistiriju) spargendovi poco a poco i semi da mondare e separando con le dita le eventuali impurità. L’operazione era detta “capà’ lo farre”.
Macinazione del farro.
Date le quantità di consumo famigliare del farro, assai ridotte rispetto al consumo di grano e derivati, il farro non veniva portato al mulino ma macinato in casa mediante piccole macine di pietra azionate a mano.
Mortaio
Mortai (mortali / mortari).
I mortai, usati per frantumare sale o spezie, sono di legno o pietra.
Mortai di legno.
I mortai di legno hanno il corpo tornito mentre il pestello, in genere, è lavorato a mano. A Poggio Bustone vi erano esperti tornitori del legno dalle botteghe dei quali, spesso, provenivano i mortai usati a Leonessa.
Mortaio di legno con pestello – pistasale / perélla (n. i. 200)
provenienza: Leonessa
materiale: legno di faggio
descrizione: mortaio tornito degli inizi del Novecento appartenuto alla nonna del donatore
misure: diam. max. cm. 15,5; diam. alla base cm. 10; h. cm. 12,8 diam. int. cm. 11,2 profondità interna: cm. 8.2
stato di conservazione: ottimo
acquisizione: dono
anno: 2014
Pestello – pistiju (n. i. 200a)
provenienza: come sopra
materiale: come sopra
descrizione: pestello tornito mancante di parte dell’estremità superiore (circa metà della testa)
misure: h. cm 25,8; pestello: diam. max. cm. 6,7; gambo : diam. max. cm. 2,8; testa: diam. cm. 2,8
Mortai di pietra.
I mortai di pietra, eredi dei mortai romani e rinascimentali, presentano la forma classica: corpo a tazza munito di quattro anse usate per tener fermo con la mano il mortaio durante l’uso. Una delle anse è munita di solco–versatoio. I mortai in pietra posseggono, in genere, un pestello ricavato dalla medesima pietra.
Mortaio di pietra da Villa Bigioni, fraz. di Leonessa. Diam. (senza anse) cm. 16,30; diam. con anse cm. 20,6; h. cm. 9, 6; spess. pareti (al bordo) cm. 2,7. Collezione privata.
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