Orci
Orci.
Orci di varie forme e dimensioni erano usati per conservarvi prodotti alimentari (specialmente farina e sale). La chiusura era effettuata mediante carta oleata, o stoffa, assicurata al collo del vaso mediante legaccio.
Nella foto: Orcio di terracotta invetriato all’interno e su bocca collo e spalla all’esterno; piede anulare. Proveniente da Pacce, fraz. di Morro Reatino. Diam. cm. 18,8; bocca: diam. cm. 15,8; piede : diam. cm. 11,2 h. cm. 21,5 32,5. Collezione privata.
Orci per lo strutto di maiale.
Lo strutto di maiale – assogna / ‘nsogna – nella dieta della famiglia rurale era normalmente usato al posto dell’olio, la cui produzione esulava dalla rigida economia autarchica d’un tempo. Salse, fritture e perfino dolci erano preparati usando lo strutto di maiale al posto dell’olio. Lo strutto poteva essere conservato nella vescica del maiale, la cui estremità veniva chiusa da un laccio, oppure in recipienti di terracotta invetriata. Gli orcioli adibiti alla conservazione dello strutto erano di dimensioni modeste e muniti, in genere, di una bocca di diametro ridotto.
Orcio in terracotta usato per la conservazione dello strutto di maiale (n. i. 259)
provenienza: fraz. Ocre
materiale: terracotta
descrizione: orcio di terracotta con invetriatura interna ed esterna fin nel terzo inferiore. Corpo cilindrico rastremato in basso e in alto. Piede anulare. Bocca ad orlo ingrossato
misure: diam. max. cm. 14,7; bocca : diam. cm. 10,7; piede : diam. cm. 9,2; h. cm. 17,2
stato di conservazione: ottimo
acquisizione: dono di Stefano Marchetti
anno: 2012
Orcio in terracotta invetriata all’interno e all’esterno. Proveniente da Villa Bigioni, fraz. di Leonessa. Diam. cm 16,6; bocca diam. cm. 9,4; piede : diam. cm. 9,8; h. cm. 16,4. Collezione privata.
Recipienti per l’olio
Recipienti per l’olio.
L’olio compariva assai di rado sulla mensa rurale nelle preparazioni culinarie, veniva usato nella preparazione della salsa di magro con cui veniva condita la tradizionale pasta di Natale, o per condire, nella medesima occasione, le zuppe di legumi usate da tempi immemorabili. A differenza della Valnerina, che presenta fasce climatiche adatte alla coltivazione dell’olivo, l’altopiano leonessano non è adatto a questa preziosa pianta. L’olio lo si comprava a piccole dosi negli spacci alimentari, dove veniva venduto sfuso, oppure direttamente dal venditore d’olio ambulante conosciuto come “l’ojararu”.
Grandi recipienti per l’olio.
Dei grandi recipienti in terracotta destinati a contenere olio, il più notevole ed anche il più antico è quello conservato presso il locale Convento dei Frati Minori. L’orcio risale al 1701.
particolare data: 1701
Nella foto in alto: Interessante notare come il recipiente abbia tre fori, siti a differente altezza, usati per spillare il contenuto. Il foro più alto permetteva di utilizzare l’olio nuovo; il secondo permetteva di prelevare l’olio più maturo; il terzo di prelevare il sedimento (“la morchia”).
Oliera con beccuccio (stagnòla).
In casa, l’olio era conservato in uno speciale recipiente di latta zincata munito di manico e di un lungo beccuccio, conosciuto come “la stagnòla”.
Saliere.
Scomparse, in pratica, dall’uso nel corso degli anni Cinquanta, le saliere tradizionali erano cassettine di legno con coperchio superiore apribile, appese accanto alla cucina, o al focolare. Una saliera era destinata a contenere il sale grosso, l’altra il sale fino.
Recipienti da vino
Recipienti da vino.
Data l’altitudine, Leonessa non produce vino. A parte le varie osterie aperte sia in città che nelle frazioni, quotidiani punti di ritrovo serale per un pubblico esclusivamente maschile, il consumo domestico di vino era abbastanza ridotto, limitato in genere ai momenti festivi. Per l’approvvigionamento, il vino lo si importava dall’Ascolano, dalla vicina Valnerina, oppure dalla piana di Rieti. Vi era anche l’uso, specie da parte di gestori di spacci pubblici, di comprare il mosto lasciandolo fermentare. In questo modo, tuttavia, date le basse temperature autunnali insufficienti a permettere un’adeguata fermentazione, si otteneva un vino decisamente asprigno e soggetto a intorbidirsi. Vi era anche chi importava l’uva e provvedeva personalmente alla vinificazione. Anche in questo caso, tuttavia, si otteneva un vino simile a quello ottenuto partendo dal mosto. Nei lavori agricoli, come dissetante, si usava aggiungere all’acqua una piccola quantità di vino.
Botti.
Le botti da vino, a Leonessa e frazioni, erano usate in prevalenza da osti e rivenditori di vino mentre, per l’uso domestico, si usavano botticelle o damigiane
Damigiane (dàmmiggiàne).
Le damigiane in vetro erano fornite di un rivestimento di paglia, o di assicelle di legno.
Misure di capacità.
Le misure di capacità da vino, in genere, non facevano parte della dotazione famigliare essendo usate negli spacci od osterie. Contrassegnate dal bollo dello Stato, garantivano l’esatta quantità del contenuto. Le misure da vino contenevano un quarto di litro, mezzo litro, un litro. Il nostro Museo possiede un raro esemplare di misura da vino in vigore nello Stato Pontificio (dunque precedente il 1861).
misura da vino dello Stato Pontificio – “mezzetta” (n. i. 262)
provenienza: Leonessa
materiale: vetro
descrizione: antica misura di capacità per vino usata, prima dell’unità d’Italia, nello Stato Pontificio. Sull’orlo superiore, a rilievo, è impresso il bollo caratteristico di queste misure pontificie: il “fiore” a otto “petali” (o “stella” a otto “raggi”)
misure: h. cm. 26,4; diam. cm. 9,8; bocca : diam. (int.) cm. 7
stato di conservazione: buono (incrinatura verticale)
acquisizione: dono di Dino Maddalena
anno: 2010
Recipienti per liquidi e solidi
Conca da acqua (la conca).
La conca in rame serviva al trasporto dell’acqua dal fontanile, o dal pozzo, alla casa. Veniva portata in equilibrio sulla testa appoggiandola su un cercine (ròccia) ottenuto arrotolando strisce di stoffa. La forma a clessidra –“conca a bicchiere”, o “conca a vaso”– è più moderna dell’antica conca abruzzese, anch’essa a due manici, dalle pareti appena rastremate (“conca tonda”). Come in questo esemplare, la conca poteva essere decorata mediante incisioni.
Conca – conca (n. i. 117)
provenienza: Ocre (Leonessa)
materiale: rame stagnato all’interno, manici in rame
descrizione: brocca di tipo abruzzese, interamente in rame compresi i manici a piattina fissati con rivetti di rame; il labbro è saldato al corpo; a un terzo dall’orlo, il diametro si restringe per poi allargarsi fino a raggiungere la misura del diametro della bocca, a una decina di centimetri dalla base si restringe di nuovo. Base concava. Il corpo della brocca è decorato a sbalzo da segmenti a zigzag affiancati da punti. L’orlo è rinforzato tutt’intorno da una piattina di rame alta cm. 2, fissata al labbro da rivetti, sulla quale è stato ribattuto per alcuni millimetri
misure: h. cm. 29; diam. alla bocca cm. 31,6 diam. alla base del labbro cm. 19,6; orlo: h. cm. 9
stato di conservazione: ottimo
acquisizione: acquistata a Stefano Marchetti
anno: 2009
Conca. Diam. alla bocca cm. 53; h. cm. 30. Ocre S. Paolo. Collezione privata
Conca di rame. In questa tipologia, la parte inferiore dei due manici non è fissata al corpo della conca. Diam. alla bocca cm. 30, h. cm, 30,2. Ocre S. Pietro. Collezione privata
Recipienti per cucinare
Pentola per la cottura dei legumi (pigna).
Per cuocere i legumi – fave secche, fagioli, ceci, cicerchia – si usava un apposito recipiente panciuto, rastremato in basso, munito di manico fissato alla bocca e alla spalla della pigna. La sera prima di andare a dormire, s’immergeva la parte inferiore della pigna contenete i legumi in ammollo nella cenere sotto la quale covava la brace. Il calore continuo, durante la notte, in recipiente coperto permetteva un’efficace precottura dei legumi. La pigna era, in genere, invetriata all’interno e all’esterno fino alla metà circa del recipiente.
Recipiente per la cottura di cereali e legumi – pigna (n. i. 210)
provenienza: San Vito (Leonessa)
materiale: terracotta
descrizione: recipiente a forma di brocca con unica ansa a nastro; profilo rastremato verso il basso con piede anulare; bordo rilevato contornato, al centro, da una scanalatura.
Invetriatura interna di colore giallastro estesa al bordo con sbavatura all’esterno sulla spalla del recipiente.
misure: h. cm. 16; diam. cm. 20,6; bocca (leggermente ellittica): diam. interno cm. 15,2 e cm. 13,2; ansa: lg. cm. 3 spess. max. mm. 12
acquisizione: dono di Maria Adelaide Di Persio
stato di conservazione: ottimo
anno: 2014
bibliografia: Scheuermeier 1996, II: 18-19, fig. 15
Recipiente per la cottura dei cereali – pigna (n. i. 257)
provenienza: Campagna Romana
materiale: terracotta
descrizione: corpo globulare rastremato in basso; piede anulare; unica ansa a nastro. Invetriatura nera interna ed esterna fin quasi al piede
misure: diam. max. cm. 18,3; bocca: diam. est. cm. 12,7; piede: diam. cm. 8,8; h. cm. 20,9
acquisizione: dono del Museo di Poggio Mirteto
stato di conservazione: ottimo
anno: 2016
Recipiente per la cottura dei cereali – pigna (n. i. 258)
provenienza: Monterotondo
materiale: terracotta
descrizione: corpo globulare rastremato in basso; piede anulare; unica ansa a nastro. Invetriatura interna ed esterna; decoraz. dipinta
misure: diam. max. cm. 19,5; bocca: diam. est. cm. 14,7; piede: diam. cm. 10,4; h. cm. 21,7
acquisizione: dono del Museo di Poggio Mirteto
stato di conservazione: ottimo
anno: 2016
Pigna. Dalla Frazione di Villa Bigioni: diam. max. cm 17,6; diam. alla bocca cm. 13,5; h. cm. 17,7. Collezione privata.
We have 179 guests and no members online