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Tuesday, 31 October 2017

Il mattarello

Il matterello (lu stinnituru).
Attrezzo indispensabile, realizzato in legno di faggio o nel più pregiato legno di ciliegio, il matterello era uno dei primi strumenti che la bambina insegnava a maneggiare fin dall’età di sei o sette anni. La preparazione della pasta l’avrebbe tenuta occupata per tutta la vita.


Matterello
stinnituru (n. i. 86)

provenienza: Ocre (Leonessa)
materiale: legno di faggio
descrizione: corpo cilindrico munito di pomolo a un’estremità
misure: l. cm. 74,3; diam. cm. 3,2
stato di conservazione: ottimo
acquisizione: dono di Stefano Marchetti

anno: 2009

Tuesday, 31 October 2017

La ramazza

La ramazza.
La ramazza tipica della casa rurale, consisteva in un lungo bastone alla cui estremità erano legati rami di saggina, o di altre piante dai rami tenaci (ad esempio il pungitopo) resistenti allo sfregamento. Le ramazze di paglia erano acquistate. Tra di esse, molto diffusa la cosiddetta “toscana” col manico ricoperto per tre quarti di paglia.

Oltre alle normali mansioni, la scopa svolgeva un ruolo apotropaico difendendo la casa, e in specie i neonati, dalle notturne incursioni delle temute streghe. A Natale, prima di recarsi alla messa di mezzanotte, si piazzava la scopa dietro la porta di casa: si credeva che la strega, per entrare a succhiare il sangue dei neonati dormienti, sarebbe stata costretta a contare ogni stelo dando modo ai parenti di tornare a casa poiché, per via della lunga operazione, avrebbe corso il rischio d’essere sorpresa dalla luce dell’alba e dal canto del gallo. In tal caso, perduto il sembiante animale, in genere di farfalla o gatta, da essa assunto, sarebbe rimasta nuda svelando la propria identità. A volte, accanto alla scopa si metteva una ciotola piena di sale, sabbia, o semi d’erba medica così che il conteggio risultasse assai più arduo.
Al vespro, dopo il suono dell’avemaria, per non allontanare la provvidenza e non costringere le “anime sante” dei famigliari defunti ad allontanarsi, si evitava di spazzar casa e gettar fuori della porta la spazzatura.
Quando qualcuno partiva per un viaggio, o per la transumanza, il giorno successivo alla partenza si evitava di spazzar casa per non rendergli difficile il ritorno.
Fino a quando il defunto restava in casa, era fatto divieto assoluto di spazzare per non costringere l’anima a lasciare anzitempo la casa. Appena era portato via per le esequie, uno dei congiunti spazzava con cura le stanze e ogni angolo per impedire all’anima di tornare indietro.


Ramazza “toscana” (n. i. 99)

provenienza: Ocre (Leonessa)
materiale: legno, paglia, vimini
descrizione: il manico, in legno di nocciolo, a un terzo della lunghezza dall’estremità superiore, è rivestito di saggina, tenuta ferma da legature di vimini. Nella parte terminale, la saggina si divide in tre ciuffi, legati da vimini, a formare la parte radente della ramazza
misure: l. tot. cm. 108; manico: diam. cm. 2; rivestimento del manico: diam. max. cm. 5,6
stato di conservazione: discreto
acquisizione: dono di Modesto Marchetti

anno: 2005

bibliografia: Scheuermeier 1996, II: foto 73 (da Pietralunga, Umbria). Sugli usi magici nel territorio leonessano: Polia-Chávez 2002


 

L'Illuminazione


I rami di ginepro
Quando la povertà era tanta, per rischiarare la zona prospiciente il focolare, si usava accendere fascetti di rami di ginepro che bruciavano dando una luce vivida e chiara. Nella confinante Valnerina abbiamo udito le anziane ricordare quando, nella loro fanciullezza, sedute accanto al focolare, eseguivano i compiti scolastici alla luce della fiamma del ginepro. In altre zone d’Italia si usavano, per l’illuminazione, rami di piante resinose, come il pino silvestre nelle zone alpine. Nel sud, in Calabria, fino all’introduzione della corrente elettrica, l’illuminazione con i rami di pino era molto diffusa (significativo il nome dialettale dèda derivato dal latino taeda, “albero resinoso”).

Candele e candelieri
Nella rigida autarchia d’un tempo, alla candela di cera si preferiva il più economico lumino ad olio. In certe occasioni, tuttavia, ad esempio per il culto ai defunti, si usavano candele di fabbricazione industriale.

Lucerne a olio
La lucerna ad olio tipica del contado leonessano, erede delle antiche lucerne romane e italiche, era di ferro, munita di un unico becco (monolychnē) e di un supporto girevole in tondino di ferro con un gancio all’estremità che permetteva di appendere e orientare la lucerna.

Lanterne a olio
Usate per essere trasportate, le lanterne erano destinate a proteggere, all’interno di una struttura munita di pareti di vetro, un lumino alimentato a olio. Le lanterne hanno uno sportellino apribile; un’apertura nella parte superiore destinata alla fuoriuscita del fumo, protetta da una sorta di piccola cupola in lamierino; un gancio in filo di ferro munito di un anello nella parte superiore, assicurato alla parte superiore della lanterna. All’interno, il lumino ad olio.


Lanterna ad olio. Lamierino di latta e vetro.
Alla base: cm. 13,5 x 13,5 h. cm. 25,5 (escluso il gancio). Ocre S. Paolo. Collezione privata



Lumino a olio contenuto nella lanterna di cui sopra. Ricavato dal fondo di un barattolo di latta saldato a stagno su una base in lamierino ritagliata da una latta di alici. Al centro, solidale a una piccola leva che apre e chiude il foro per il rifornimento dell’olio, il porta-stoppino. Nella parte inferiore, un linguella permette d’inserire il lumino in un apposito alloggiamento costituito da due fessure tagliate nella base della lanterna. Diametro lumino: cm. 6,5 h. cm. 2,7. Ocre S. Pietro.



Lampade a olio
Le lampade a olio erano rare, limitate soprattutto a lampade di piccole dimensioni usate a scopo votivo dinanzi alle immagini sacre. Vi è però da dire che il fioco calore di questi lumini permetteva, di notte, di rendere meno fitte le tenebre nella stanza da letto. Un tempo, quando nella stanza da letto dormiva un neonato, si evitava il buio completo per timore delle streghe le quali, metamorfosate in animali, potevano introdursi in casa per succhiare il sangue ai pargoli. Questa credenza era molto diffusa e intensi ricordi di quell’antico terrore riaffiorano spesso ancora oggi nella memoria dei più anziani.


Lumino ad olio da Leonessa. Corpo globulare in vetro munito di filettatura su cui è avvitato il porta-stoppino. Sul corpo, in rilievo, stella a cinque punte con inscritto un cerchio al centro del quale, in rilievo, una O. Misure: h. (compreso beccuccio del porta-stoppino) cm. 9 diam. max cm. 4,8; diam. int. del beccuccio mm. 4. Collezione privata.

 

Lampade a petrolio (lo lume).
Le tipologie delle lampade a petrolio usate nel contado, si riducono a due: lampade composte da un contenitore in vetro, in genere di forma cilindrica, sul quale si avvitava il porta-stoppino, usate come lampade fisse; lampade da trasporto con contenitore del petrolio in ferro, munite di manico.


Lampada a petrolio (n. i. 247)

provenienza: Leonessa
materiale: latta, vetro
descrizione: Marca: Iupiter. Questa lanterna era usata anche da appendere al carretto
misure: h. (manico compreso) cm. 39,3; diam. alla base cm. 15
acquisizione: dono
stato di conservazione: ottimo

anno: 2015


Lampade ad acetilene (“la scentilèna”).
Prima dell’introduzione dell’energia elettrica e anche dopo, là dove non esistevano impianti d’illuminazione, ad esempio nella stalla, si usavano lampade ad acetilene.



Tuesday, 31 October 2017

Il Bugliolo

Il bugliolo
Al mattino, la massaia versava il contenuto dei vasi da notte nel bugliolo, quindi si recava nella stalla, o sull’aia per versarlo sul mucchio del letame. Nella rigida autarchia del tempo, nulla andava sprecato e il recupero dei rifiuti organici come fertilizzanti del terreno costituiva una pratica molto diffusa e lodevole.


Bugliolo (n. i. 206)

provenienza: San Vito (Leonessa)
materiale: ferro smaltato; manico in tondino di ferro; impugnatura in legno tornito
descrizione: il bugliolo si compone di due parti: il corpo di sezione tronco-conica e la parte superiore che s’incastra nel diametro del secchio, munita di tre aperture destinate a permettere il passaggio dei liquidi e a trattenere i solidi. Il bugliolo era usato come raccoglitore del contenuto dei vasi da notte. Nella parte inferiore compare, in tinta blu, il marchio: BASSANO sopra il marchio due leoni rampanti ai lati di un recipiente sormontato dalla sigla SV sotto il marchio: 24
misure: secchio: diam. sup. cm. 26, diam. inf. cm. 18,6; h. cm. 25 (senza parte superiore); parte superiore: diam. sup. cm. 26, h. cm. 6
acquisizione: dono di Maria Adelaide Di Persio
stato di conservazione: ottimo

anno: 2014

Tuesday, 31 October 2017

Il lavabo e il vaso da notte

Il lavabo
Prima dell’uso della rete idrica che riforniva la casa, per la pulizia quotidiana di mani e viso si usava il lavabo. Il tradizionale lavabo presente nella stanza da letto consisteva in una bacinella poggiata in un supporto di ferro a tre zampe, sagomato e variamente ornato, in cui erano inseriti tre cerchi: quello superiore, il più grande, destinato ad accogliere la bacinella; un piccolo cerchio su cui era poggiato il piattino per la saponetta; un cerchio inferiore in cui era posta la brocca. Nei lavabi di maggior pregio, bacinella e brocca erano in ceramica dipinta. In quelli più poveri (ossia nella stragrande maggioranza) ci si accontentava del ferro smaltato.

Oltre ai lavabi sopra descritti, esistevano dei lavabi da donna consistenti in un tavolino col piano di marmo, munito di quattro gambe in tubolare di ferro, con specchio. Sotto il piano, un supporto girevole permetteva l’uso di una bacinella.


Lavabo lavamani (n. i. 113)

provenienza: Ocre (Leonessa)
materiale: ferro, tappi di finitura in legno tornito
descrizione: tripode in tubolare di ferro sagomato unito a tre cerchi: in basso, cerchio in tondino per la brocca dell’acqua sotto il quale, mantenuto da tre supporti in tondino, vi è un piatto in ferro per l’appoggio della brocca; cerchio in tondino per il piattino in ferro destinato a contenere il sapone, unito al tripode de tre volute in tondino in forma di S; cerchio per il bacile in tubolare. Al disopra del bacile, su due delle gambe del tripode è fissato un semicerchio in ferro tubolare per appendere gli asciugamani. Verniciato con vernice nera
misure: h. max. cm. 83,5; cerchio per la brocca: diam. cm. 19,5; cerchio per il piattino da sapone: diam. cm. 12; cerchio per la catinella: diam. cm. 35,8; apertura massima semicerchio porta-asciugamani: cm. 53,9; tubolare: diam. cm. 2,2, spess. mm. 3; tondino delle volute e del piatto porta-sapone: diam. mm. 9; tondino del piatto per la brocca: diam. mm. 14
stato di conservazione: buono
acquisizione: acquistato a Stefano Marchetti

anno: 2009

 

Brocca
Le brocche che corredavano il “lavamani” erano di ceramica o di ferro smaltato. Non mancavano brocche di ceramica decorate a motivi floreali.



Brocca da porta catino – brocca (n. i. 95)

provenienza: Ocre (Leonessa)
materiale: ferro smaltato
descrizione: brocca con manico. Sul fondo, in azzurro, il marchio LAINATE
misure: h. cm. 25,3 (al labbro); diam. max. cm. 16; diam. alla base cm. 10
stato di conservazione: ottimo
acquisizione: acquistata a Stefano Marchetti

anno: 2009

 

Bacinella
Anche le bacinelle, come le brocche, potevano essere di ceramica o di ferro smaltato e anche in questo caso, talvolta, il “lavamani” era dotato di bacinelle in ceramica dipinta.


Bacinella baccile (n. i. 165)

provenienza: Ocre (Leonessa)
materiale: ferro smaltato
descrizione: bacinella di fabbricazione industriale. Sul fondo esterno: INMI SERIE ORO 34
misure: diam. max. cm. 34,3; diam. alla base cm. 17; h. cm. 9.8
stato di conservazione: ottimo
acquisizione: acquistato a Stefano Marchetti

anno: 2009

Il vaso da notte (lu ‘rinale).
Utilissimo accessorio, specie nelle notti d’inverno quando per andare in bagno bisognava uscire sull’aia o recarsi nella stalla, il vaso da notte, soprattutto se dipinto o di forma più o meno aggraziata, era usato perfino come dono di nozze. Gli esemplari più antichi, in terracotta invetriata all’interno e parzialmente all’esterno, avevano corpo cilindrico.


Vaso da notte‘rinale (n. i. 187)

provenienza: Leonessa
materiale: ceramica invetriata
descrizione: vaso da notte degli inizi del Novecento, ceramica invetriata decorata a motivi floreali dipinti in turchino
misure: diam. alla bocca cm. 20,7; diam alla base cm. 13; h. cm. 13,2
stato di conservazione: ottimo
acquisizione: dono di Dino Maddalena

anno: 2013

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