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Friday, 27 October 2017

La stanza da letto

La stanza da letto

Nelle case rurali più antiche, comunicante con la cucina da cui perveniva il debole calore prodotto dal focolare domestico, la stanza da letto era disadorna. Il mobilio si componeva del letto, o dei letti; della cassapanca destinata alla custodia della biancheria, più tardi sostituita dal canterano (lu commò); d’un armadio; del lavabo. L’uso del comodino (la colonnètta) risale alla fine dell’Ottocento. Sopra il letto, appesa alla parete, un’immagine sacra o il crocefisso e l’immancabile “parma”: la fronda d’ulivo benedetta nella Domenica delle Palme destinata a proteggere i dormienti. Molto speso, accanto al letto vi era una piccola acquasantiera. D’inverno, il clima della stanza da letto era rigido, tanto da obbligare a usare il braciere, oppure vari tipi di scaldini da letto.          

Il letto (lu liéttu).
Nelle case rurali, la forma tradizionale e più antica di giaciglio consisteva in tavole poggiate su due cavalletti, in genere di ferro. Dagli inizi del Novecento, si diffuse l’uso delle sponde da letto in ferro abbinate alla rete metallica. In molte case rurali si conservano ancora le monumentali testiere degli avi laccate di nero, con sfere e ornamenti d’ottone, oppure quelle decorate con motivi floreali o paesaggi dipinti su lamiera. Tornando al letto più antico, sul tradizionale tavolato veniva steso il paglione (lu pajò) che fungeva da materasso.

 

Stoviglie.
Le stoviglie più antiche erano di legno o di ceramica; più tardi entrarono in uso i piatti in ferro smaltato.


Piatto di ceramica
(n. i. 209)

provenienza: San Vito (Leonessa)
materiale: ceramica
descrizione: piatto piano decorato sulla faccia a vista con soggetti orientaleggianti (donne tra alberi in fiore). La particolarità del pezzo, che lo rende degno di essere esposto, è la riparazione mediante grappe metalliche di una rottura che aveva diviso il piatto in due parti. Le grappe sono sette – due sul bordo e cinque sul fondo – tutte non passanti
misure: diam. cm.31 cm.; parte concava: diam. cm. 23,7 h. cm. 3,1; spess. mm. 7
acquisizione: dono di Maria Adelaide Di Persio
stato di conservazione: ottimo

anno: 2014


La tavola
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Le tavole da pranzo più antiche, costruite con assi robusti, ereditate dagli avi, erano di notevoli dimensioni in quanto attorno ad esse si riunivano famiglie assai numerose.

La riparazione delle stoviglie. Fino agli anni Cinquanta, giravano per borghi e paesi artigiani, detti “conciabrocche”, specializzati nella riparazione di stoviglie. Muniti di un trapano a mano, eseguivano dei fori obliqui non passanti nei quali infilavano grappe costruite con filo di ferro. I usavano uno speciale collante a base di calce e chiara d’uovo che assicurava alle parti riparate e alle grappe una tenuta ottimale. La perizia dell’artigiano permetteva di riparare le ceramiche evitando il passaggio delle grappe di ferro all’interno delle stesse. Ciò per evitare la corrosione e l’alterazione dei sapori e, nelle ceramiche di migliore qualità, per fini estetici.  

     

Terrina ceramica – piattélla o ‘nzalatiéra (n. i. 90)

provenienza: Villa Pulcini (Leonessa)
materiale: ceramica inventriata
descrizione: insalatiera di fabbricazione industriale, sul fondo il marchio VED////&FIGLIO con stemma. Rotta in antico e riparata da artigiano specializzato (“conciabrocche”) con grappe di filo di ferro inserite in fori non passanti
misure: diam. sup. cm. 31,5; diam. inf. cm. 22,3; h. cm. 11,2
stato di conservazione: rotta in antico e riparata
acquisizione: dono di Gina e Luigi Pulcini

anno: 2011

bibliografia: Scheuermeier 1996, II: foto 466 (da Rieti)

 

Pulizia e lucidatura degli utensili di rame.
Gli utensili di rame, simbolo di agiatezza, quando non erano usati facevano bella mostra di sé appesi alle pareti della cucina, o ai ganci delle assicelle di legno infisse al muro, dette “‘ppiccarame”. Per liberare le pareti esterne dei recipienti di rame dalla fuliggine, si usava strofinarli con la sabbia.

Pulizia con la cenere (liscìja).
Almeno una volta l’anno, in occasione dell’inizio della Quaresima, mantenuta viva dallo scrupolo religioso, la tradizione imponeva alla massaia di pulire a fondo i recipienti usati nel corso dell’anno per cucinare alimenti proibiti dal digiuno quaresimale, quali la carne e lo strutto di maiale. A tal fine, si faceva bollire in acqua una certa quantità di cenere del focolare con la quale si lavava accuratamente l’interno del recipiente per liberarlo da qualsiasi traccia di grasso, anche la più piccola. L’operazione – molto efficace perché la cenere saponificava i grassi rendendoli solubili in acqua – aveva luogo dopo la mezzanotte del Martedì Grasso, ultimo giorno di Carnevale, per celebrare il quale si era consumata una grande quantità di strutto di maiale:

Carnovale, juttu juttu
s’è magnatu ‘na pila de struttu,
Quaravesima, poverella,
s’è magnata la saraghèlla

Ossia: “Carnevale, ghiotto ghiotto, s’è mangiato una pila di strutto, la Quaresima poverella s’è mangiato il pesce secco (saraghèlla)”


Lucidatura del rame
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Per lucidare il rame, dopo aver strofinato con forza l’esterno del recipiente sporco di fuliggine con sabbia, o paglia di ferro, lo si ripuliva e tirava a lucido usando una pasta ottenuta mescolando cenere e aceto.

Friday, 27 October 2017

Appenditoi e ganci

Appenditoi circolari a soffitto.
Un tipo speciale di appenditoio era “lu cérchiu” composto da un cerchio il legno di faggio piegato a caldo, con estremità sovrapposte e inchiodate oppure sagomate e munite di asola passante. Il cerchio era assicurato a delle funicelle di canapa convergenti, al centro e in alto, verso un gancio di legno (si preferiva per la sua resistenza il corniolo, o crognale) cui erano annodate le loro estremità. Usato per appendere salumi, il cerchio offriva una buona protezione dai topi.

Cerchio pensile da salumi cérchiu (n. i. 104)

provenienza: Leonessa
materiale: legno di faggio (cerchio); corniolo (gancio); funicelle di canapa
descrizione: il cerchio è formato da una striscia di legno la cui estremità sagomata è stata fatta passare in un’asola. Una serie di funicelle di canapa legate attorno alle pareti del cerchio convergono in alto in un gancio di legno la cui parte inferiore è stata attorta in modo da formare un’asola. scopo del cerchio pensile era assicurare ai salumi protezione dai topi
misure: diam. 37,8; cerchio : h. cm. 6,8, spess. mm. 8
stato di conservazione: buono
acquisizione: dono di Tonino Zelli

anno: 2012

 

Appenditoi a soffitto.
Per comodità d’uso e anche per mettere in salvo i prodotti commestibili dalle aggressioni dei topi, in cucina e anche nella dispensa si usavano appenditoi, fissi o mobili, cui venivano appese pannocchie di mais, serti di aglio o cipolle, lardo, salumi per l’uso quotidiano.

Appenditoi fissi (stangarelle).
Nelle case rurali e anche nelle altre abitazioni specie in cucina, non mancavano mai le “stangarelle”, usate per appendere prodotti commestibili. Due anelli di ferro murati al soffitto, cui erano assicurati dei legacci, servivano da supporto a un lungo bastone, o stanga, da cui il nome “stangarella”. Ovviamente, le “stangarelle” pendevano anche dai soffitti delle cantine e delle dispense dove erano usate per appendere a stagionare i salumi.

 


Ganci da appendere.
I ganci usati per appendere salumi, serti d’aglio, ecc. erano realizzati in legno, oppure in ferro per i carichi più pesanti. Per i ganci in legno si usava il durissimo legno del corniolo (crognale).

 

Friday, 27 October 2017

Macinini

Macinini da caffè (macinini).
Di fabbricazione industriale, erano usati per macinare il prezioso caffè riservato alle grandi occasioni e, più spesso, l’orzo tostato. Scomparvero quando giunsero sul mercato le confezioni di caffè già tostato e macinato.

Dalla Frazione Ocre S. Pietro. Collezione privata

 

    


Da Leonessa. Collezione privata

 


Dalla Frazione di Ocre, Casale Bolletta

 

Saturday, 21 October 2017

Tostatori

Strumenti per la tostatura dei cereali.
Per la tostatura dei cereali, operazione limitata soprattutto all’orzo usato per preparare il “caffè”, ci si avvaleva di tostatori di fabbricazione artigianale, detti “bruschini”. Meno frequentemente si usavano padelle con agitatore centrale munito di manico girevole. Per quanto riguarda il caffè, le rare volte che lo si usava, si comprava caffè da tostare in casa, usando la quantità necessaria all’uso immediato. Per dolcificare il caffè, bene di limitato consumo, si usava un altro ingrediente considerato “da ricchi”: lo zucchero di barbabietola comprato allo spaccio.

A Leonessa si seminava una speciale varietà d’orzo adatto alla tostatura chiamato “orzo da caffè”. Il vero caffè era un bene usato con parsimonia e solo nelle grandi occasioni. Il “caffé” domestico era preparato facendo bollire nella cuccuma l’orzo previamente tostato nel “bruschino” e macinato. I più facoltosi aggiungevano all’orzo tostato qualche chicco di caffè “vero”: «cinque o sei vaca (chicchi) la ‘n menzu, propriu come l’acquasanta» ci diceva un anziano informatore. Dopo un’adeguata bollitura, si versava nella cuccuma un po’ di acqua fredda in modo da permettere ai fondi (“la pósa”) di depositarsi sul fondo del recipiente.


Tostatori girevoli (bruschini).
Lu bruschinu” tipico consta di un cilindro in lamierino di ferro, spesso ricavato da un barattolo, munito di uno sportellino apribile a scorrimento, o mediante cerniera. Un lungo tondino di ferro, a volte munito di manico in legno, o di gancio terminale, attraversava il corpo dell’attrezzo fuoriuscendo da esso. Questa sporgenza terminale era infilata a uno degli anelli della catena del focolare, o ad altro supporto.

Cilindro per tostare grani – bruschinu (n. i. 102)

provenienza: Leonessa
materiale: ferro, lamierino di ferro e manico in legno
descrizione: l’attrezzo si compone di un cilindro rotante e di un lungo gambo in tondino di ferro, munito di manico in legno, che attraversa il cilindro fuoriuscendo per cm. 3,5. Il cilindro è munito, nel senso della lunghezza, di uno sportellino che scorre fra due guide in lamierino fissate da rivetti. Lo sportellino è munito di un’ansa in lamierino per permetterne l’apertura. Un filo di ferro, le cui estremità sono arrotolate intorno al gambo in modo da poter ruotare liberamente, scavalca il cilindro e permette di sospendere l’attrezzo al gancio del camino. Il manico, all’estremità, è fornito di un anello di ferro che permette di appendere l’attrezzo quando non è in uso
misure: l. tot. cm 72,5; gambo : diam. mm. 8; cilindro: l. cm. 13, diam. cm. 9; manico in legno: l. cm. 11; diam. max. cm. 2,7
stato di conservazione: ottimo
acquisizione: dono di Antonio Vulpiani

anno: 2012

 

Cilindro per tostare grani – bruschinu (n. i. 195)

provenienza: Leonessa
materiale: ferro e lamierino di ferro
descrizione: cilindro per tostare orzo o caffè di fabbricazione artigiana composto da un cilindro munito di sportellino chiudibile a leva attraversato da un lungo tondino di ferro munito di un’impugnatura ripiegata ad anello; l’altra estremità, spianata a martello, finisce in punta
misure: l. totale cm. 94; cilindro: l. cm. 19, diam. cm 9.5; tondino: diam. mm. 5, lg. cm. 8 l
stato di conservazione: ottimo
acquisizione: dono di Leonino Chiaretti

anno: 2014


dettaglio corpo del tostatore

 

Cilindro per tostare grani – bruschinu (n. i. 197)

provenienza: Leonessa
materiale: ferro (lamiera, lamierino, fettuccia)
descrizione: l’attrezzo si compone di due parti separabili: il fornello e il cilindro rotante. Il fornello, in lamiera munita di aperture, di fabbricazione industriale, di forma parallelepipeda, è munito di due maniglie a fettuccia assicurate al corpo mediante rivetti ribattuti. Il fornello è munito di quattro gambe ricavate da una fettuccia di ferro e, all’interno, presenta dei supporti per l’alloggio della grata su cui veniva acceso il combustibile. La grata è formata da una serie di fettucce di ferro assicurate, mediante rivetti ribattuti, a un telaio. Nella parte superiore del fornello, a destra e a sinistra, sulle pareti minori, sono presenti un foro per il passaggio del perno del cilindro e un incavo per alloggiare la fettuccia di ferro cui è fissato il cilindro e permetterne la rotazione. Il cilindro presenta a un’estremità un perno, all’altra un manico di ferro, ripiegato nella parte finale in modo da facilitare il movimento di rotazione, e di un manico di legno. La lunga fettuccia di ferro – com’è consueto in questo tipo di attrezzo – attraversa all’interno il cilindro da cui fuoriesce terminando in un perno ottenuto per battitura a caldo. Il cilindro è costruito con lamierino di ferro piegato circolarmente e assicurato, mediante battitura, a due piastre tonde di lamierino leggermente bombate. Su un lato, è dotato di uno sportellino scorrevole tra due guide, assicurate al cilindro mediante rivetti ribattuti, munito di un anello che permetteva il passaggio del gancio che serviva ad aprire il cilindro quand’era caldo
misure: fornello: l. cm. 30 (maniglie escluse) lg cm. 19,30, h. cm. 27 (comprese le gambe); cilindro: l. cm. 23, dalla punta al manico cm. 55,5; diam. cm. 14, l
stato di conservazione: ottimo
acquisizione: dono

anno: 2014


dettaglio del cilindro del tostatore

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